Non tutti possono donare il sangue in Europa.

«David Dassey è uno degli uomini più sani di Los Angeles. A 62 anni, può ancora correre una maratona in meno di 4 ore. Nell’aprile (del 2013, ndr) ha gareggiato a Boston per la quarta volta ed era quasi arrivato alla fine, quando esplosero le bombe. Molti suoi compagni corridori, temendo subito il peggio, si precipitarono al più vicino centro di donazione del sangue. Dassey, un medico che lavora per dipartimento di salute pubblica della contea, non si unì a loro. "So da 30 anni ormai che non posso più donare," dice, "Non mi passa nemmeno più per la testa di farlo"». Così iniziava l’articolo dell’edizione di Men’s Health pubblicata in occasione del trentesimo anniversario del regolamento della FDA che “impedisce a milioni di uomini in salute di donare il sangue e salvare altre vite”

, come sottotitolava l’autore Mike Darling all'articolo “Banditi a vita”. Anche se recenti segnali positivi  lasciano intendere che le pressioni delle associazioni e dell’opinione pubblica avranno presto successo e cadrà un altro ingiusto divieto dopo quello di accesso nella nazione alle persone sieropositive, il divieto a donare il sangue per i "maschi che abbiano avuto rapporti con altri maschi1 dopo il 1977" esiste dal 1983. Nella corposa letteratura sull’Aids la definizione di "Sindrome da Immunodeficienza Acquisita" viene utilizzata nel linguaggio comune più tardi rispetto allo scoppio dell’epidemia. Fino alla prima metà degli anni ’80 lo stadio di proliferazione virale che segue alla infezione da Hiv è definito variamente in letteratura scientifica ed iniziano a diffondersi sulla stampa definizioni sensazionalistiche, “Gay Plague”, “Gay-related immune deficiency”, spesso stampate a titoli cubitali in copertina accanto a star morenti e duramente contestate dagli attivisti2. L’impossibilità di eseguire un test e di limitare al massimo la malattia portarono nell’emergenza dei primi anni alla misura "politicamente non corretta". Con le tecniche diagnostiche odierne e le analisi a campione che è possibile effettuare sulle sacche di sangue donato, un bando verso un gruppo di persone appare del tutto ingiustificato nonché pericoloso, giacchè la mancanza della nozione di comportamento a rischio potrebbe ammettere soggetti che si sono esposti all'infezione.

In Europa è stata la Corte di Giustizia a riaccendere le polemiche con la sentenza del 29 aprile 2015  in cui la Quarta Sezione in Lussemburgo si è espressa sul caso del cittadino francese G. Léger che aveva contestato al Tribunal administratif di Strasburgo la decisione del Établissement Français du Sang (EFS, Centro ematologico francese) di non accettare la sua donazione in quanto omosessuale. Il giudice francese prima di emettere la sentenza a favore dell’EFS in applicazione della legge francese in vigore dal 19833 e novata tra mille polemiche con il decreto ministeriale del 12 gennaio 2009 dall’allora ministro della Sanità del governo Sarkozy Roselyne Bachelot-Narquin (Union pour un mouvement populaire) ha rinviato alla Corte Europea il caso. G. Léger contestava l’incoerenza tra la legge nazionale e la direttiva europea sulla donazione del sangue4. Secondo il parere dell’avvocato generale Paolo Mengozzi «una relazione sessuale tra due uomini non costituisce, in sé e per sé, un comportamento che giustifica l’esclusione permanente dalla donazione di sangue», e a quanto si legge nel comunicato stampa del 17 luglio 2014, «il solo fatto che un uomo abbia avuto o abbia rapporti sessuali con un altro uomo non costituisce, ai sensi della direttiva, un ‘comportamento sessuale’ che giustifichi l’esclusione permanente di detto uomo dalla donazione di sangue». Il termine «comportamento sessuale» non è definito nella direttiva e per Mengozzi

«Può definirsi, in particolare, attraverso le abitudini e le pratiche sessuali dell’individuo interessato, in altri termini mediante le condizioni concrete nelle quali i rapporti sessuali si realizzano. […] La normativa francese tende piuttosto a considerare tale fatto come una presunzione assoluta di esposizione a un rischio elevato, indipendentemente dalle condizioni e dalla frequenza dei rapporti o delle pratiche osservate. In base a tale presunzione, il diritto francese esclude dalla donazione di sangue, sostanzialmente, la totalità della popolazione maschile omosessuale e bisessuale per il solo motivo che tali uomini hanno avuto o hanno rapporti sessuali con un altro uomo. Il criterio adottato dalla Francia è pertanto formulato in una maniera troppo ampia e troppo generica, mentre la nozione di ‘comportamento sessuale’ utilizzata dal legislatore dell’Unione richiede l’identificazione di una condotta o di un atteggiamento precisi che espongano il candidato donatore a un rischio elevato di contagio». 

Il parere del prof. Mengozzi, dalla specchiata limpidezza e buonsenso, non ha però generato tensioni nel giudice europeo che ha di fatto rimesso al giudice francese e ad una interpretazione letterale della normativa nazionale la decisione sul caso.

Questa discriminazione esiste in forme diverse in vari paesi. Se durante il colloquio di accettazione emerge che il donatore ha avuto un rapporto sessuale con altro maschio questi è escluso dalla donazione del sangue spesso a vita, in alcuni casi per un periodo limitato dal rapporto (solitamente un anno), un tempo comunque più prolungato rispetto al cosiddetto “periodo finestra”5. Talvolta il divieto è esteso anche all’eventuale partner femminile. Non importa se il rapporto fu protetto o meno, consumato con partner occasionale o agito nel proprio ménage coniugale (in paesi in cui il matrimonio omosessuale è legale).

In Italia le cose iniziano a cambiare con il Decreto Ministeriale numero 78 del 26 gennaio 2001 emanato da Umberto Veronesi e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 aprile 2001 che muta l’accezione di "categoria a rischio" con "comportamento a rischio". Il D.M. del 2001 modifica il D.M. del 15/01/1991 “Protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue ed emoderivati” emanato da Francesco Di Lorenzo (G.U. 20/01/1991) che indicava in allegato chi aveva avuto “rapporti omosessuali” o “rapporti con sconosciuti” e chi aveva avuto rapporti con questi soggetti come “esclusi in modo permanente dalla possibilità di donare il sangue”. Il bando è caduto nei fatti alcuni anni dopo il 2001, a seguito di Interpellanze parlamentari ed una campagna lanciata dal movimento per i diritti LGBT in tutta Italia a seguito della continuata esclusione di persone omosessuali dalla donazione.

Retaggio di un era in cui l’Aids non aveva ancora caratteristiche e dimensioni - simboliche prima che epidemiologiche - di una normale malattia, il divieto alle persone omosessuali di donare il sangue non può non essere classificata come una discriminazione confondendo categeorie e gruppi con i comportamenti a rischio che possono prescindere da essi.

 

 

NOTE

1. MSM è una sigla inglese utilizzata dagli epidemiologi agli inizi degli anni ’90 che identifica persone di sesso maschile che praticano più o meno abitualmente sesso con persone del proprio sesso, a prescindere dal fatto che questi si identifichino come gay, omosessuali o bisessuali. La sigla è anche usata per definire comportamenti in cui per motivi sociali non è possibile identificarsi come gay.

2. Blumenfeld, Raymond, Looking at gay and lesbian life, Beacon Press, Boston 1988.

3. Circulaire DGS/3B no 569 du 20 juin 1983 “Prévention de l'éventuelle transmission du syndrome immuno-déficitaire acquis (SIDA) par la transfusion sanguine”.

4. Direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti (GU L 91, pag.25).

5. Il periodo che decorre dal momento dell’infezione al momento in cui è possibile rilevare il virus che con le più recenti tecniche diagnostiche è di 22 giorni. Per approfondimenti si rimanda alla pagina salutegay.it.