Il Truvada: un capitolo nuovo nella storia dell'Aids. Intervista a Giulio Corbelli sulla profilassi pre-esposizione

Il Truvada è un farmaco basato su un'associazione di due farmaci antiretrovirali che esiste sul mercato dal 2004 ed è stato inizialmente utilizzato nella terapia antiretrovirale dei pazienti adulti affetti da HIV. Non sostituisce il profilattico ma è oggi indicato anche per la riduzione del rischio di contrarre il virus dell'Hiv in persone sane (eterosesuali o omosessuali). Questo segna una nuova tappa della storia culturale e sociale dell'epidemia.

Il 30 settembre l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato delle linee guida che hanno fatto molto scalpore nel mondo dell’HIV: per la prima volta si stabilisce che il trattamento antiretrovirale deve essere offerto a tutte le persone con una diagnosi di infezione da HIV, senza criteri relativi alla conta dei CD4, e soprattutto “l’uso della profilassi pre-esposizione (PrEP) orale quotidiana è raccomandato come opzione di prevenzione per le persone a sostanziale rischio di infezione da HIV come parte di approcci di prevenzione di combinazione” (tradotto dall’inglese “the use of daily oral pre-exposure prophylaxis (PrEP) is recommended as a prevention choice for people at substantial risk of HIV infection as part of combination prevention approaches”). Si tratta di una raccomandazione importante: la PrEP oggi è disponibile solo in USA e invece l’OMS dice che dovrebbe essere disponibile ovunque alle persone a rischio.

Abbiamo intervistato Giulio Maria Corbelli, dell'associazione PLUS (http://www.plus-onlus.it/).

In cosa consiste la terapia con il farmaco “Truvada”?

Molte persone con HIV prendono il Truvada come parte della loro terapia antiretrovirale insieme ad altri farmaci. Alcuni studi condotti a partire dal 2009 hanno provato a vedere se, assunto da persone sieronegative ad alto rischio di contrarre l'infezione da HIV, questo farmaco potesse proteggerle dal contagio. Si chiama “profilassi pre-esposizione” o PrEP: quindi non si tratta di una terapia – visto che non c'è una malattia da curare – ma appunto di prevenzione. I risultati degli studi sono stati molto incoraggianti: sia il primo studio negli Stati Uniti (iPrEx) sia quelli condotti in Europa (PROUD in Inghilterra e Ipergay in Francia) hanno dimostrato una riduzione delle probabilità di contrarre l'infezione tra l'86 e il 92%. Le modalità di assunzione possono variare: nell'iPrEX e nel PROUD hanno analizzato l'assunzione di una pillola ogni giorno, regolarmente; nell'Ipergay, invece, i partecipanti prendevano il farmaco solo nei periodi di attività sessuale (due pillole da 2 a 24 ore prima di fare sesso, e poi una pillola ogni 24 ore fino al giorno successivo all'ultimo rapporto sessuale). Dopo lo studio iPrEx, negli Stati Uniti il Truvada è stato approvato anche per l'uso come strumento di prevenzione. In Europa ancora l'azienda produttrice non ha presentato domanda agli enti regolatori e quindi l'uso di Truvada come strumento di prevenzione dell'HIV non è ancora approvato e avviene solo in ambito di studi clinici o progetti di implementazione.

Quali benefici comporta al paziente il farmaco Truvada?

Ripeto, in questo caso non parliamo di “pazienti” perché non si tratta di curare una malattia. Si tratta di persone “sane” o per lo meno non infettate con HIV che vogliono limitare il rischio di contrarre il virus. Naturalmente il primo beneficio dell'uso del Truvada come PrEP sta nel fatto che le persone restano sieronegative! Anche nella “vita reale” negli Stati Uniti, unico paese in cui questa strategia è applicata, chi la usa correttamente non contrae l'infezione da HIV. E a San Francisco e New York, due metropoli che hanno elaborato una strategia per combattere la diffusione dell'infezione da HIV che comprende anche l'uso della PrEP per le persone a rischio, si comincia a vedere una riduzione del numero di nuove diagnosi di infezione da HIV. Inoltre, le persone che hanno usato Truvada come PrEP riferiscono soprattutto un miglioramento nella qualità della loro vita sessuale: in molti casi si tratta di persone che non riescono a usare costantemente il preservativo e si espongono al rischio di contrarre l'HIV frequentemente, pur vivendo con ansia e angoscia il pensiero di questa eventualità.

L’assunzione di questo farmaco comporta effetti collaterali?

Tutti i farmaci possono presentare effetti collaterali. Di Truvada si sa che può avere effetti sulle funzioni renali e chi lo usa per molto tempo può avere un calo nella densità minerale ossea. Nell'uso come PrEP, che al contrario di quanto avviene per la terapia dell'infezione da HIV non è un trattamento a vita, questi problemi sembrano molto contenuti: se ci sono segni di danno alle funzioni renali, si può sospendere l'assunzione e i parametri tornano alla normalità. Per i problemi ossei, a meno che non ci sia una predisposizione della persona, non si sono evidenziati situazioni preoccupanti. Poi ci possono essere effetti collaterali a breve termine, come nausea o diarrea, che si presentano i primi giorni dopo l'inizio dell'assunzione e in genere scompaiono nel giro di poche settimane.

Qual è il suo punto di vista in merito a questo tipo di trattamento?

Prendiamo ad esempio la comunità gay, in particolare quel gruppo di maschi gay che hanno frequenti rapporti sessuali con diversi partner occasionali. La diffusione delle infezioni a trasmissione sessuale, compreso l'HIV, in questo gruppo è difficile da fermare: per l'HIV, ad esempio, quando una persona ha una diagnosi e assume regolarmente la terapia antiretrovirale, la carica virale si abbassa a livelli tali che quella persona non è più in grado di trasmettere l'infezione. Questo sicuramente è un fattore importante per limitare la diffusione. Ma sono le prime settimane successive al momento in cui una persona viene infettata quelle in cui si è più contagiosi. In genere, in quel momento una persona non sa di avere l'HIV, perché raramente ci sono sintomi identificabili. E potrebbe continuare ad avere rapporti sessuali senza protezione. Se il suo o i suoi partner sessuali utilizzassero la PrEP, si potrebbe fermare la diffusione ulteriore del virus. Quindi io credo che in alcuni ambiti – abbiamo fatto l'esempio dei maschi gay con diversi partner sessuali, ma si potrebbe pensare a lavoratori e lavoratrici del sesso e ad altre situazioni ad alto rischio – credo che sia importante dare alle persone la possibilità di scegliere anche questa opzione di prevenzione, naturalmente sempre insieme a tutte le altre disponibili, a partire da quelle relative alla corretta informazione su quali comportamenti espongono maggiormente al rischio e all'uso dei profilattici.

Lei crede che questo farmaco sia la soluzione al problema della diffusione dell’HIV?

Certo non è solo uno strumento o una azione che risolverà il problema! È ormai chiaro che, soprattutto in mancanza di un vaccino, solo una complessa strategia che renda disponibili diverse opzioni alle diverse persone nei diversi momenti della loro vita può davvero avere un impatto. I problemi da questo punto di vista sono due, a mio parere: innanzitutto ci vuole la decisione politica di fermare la diffusione dell'HIV. A San Francisco e New York si è deciso a livello politico di mettere in campo degli sforzi eccezionali e i risultati si cominciano a vedere. Da noi, a parte un piccolo spot per la giornata mondiale contro l'Aids del 1° dicembre, non si vede quasi niente. Sono solo le associazioni che si impegnano per fare prevenzione. Il secondo problema è legato al moralismo: seguendo ancora l'esempio dei maschi gay con diversi partner sessuali, molte persone pensano immediatamente che non sia giusto “permettere” loro di continuare ad avere questo comportamento e vedono quindi la PrEP come un mezzo per “sdoganare” comportamenti che loro non approvano. Il concetto che deve stare alla base di ogni nostra azione nel contrastare la diffusione dell'HIV, invece, è che ognuno ha il diritto di condurre la vita che desidera, purché non danneggi gli altri. La sfera sessuale è estremamente importante e delicata per ciascuno di noi: nessuno ha il diritto di dirci con chi e come dobbiamo viverla. Al contrario, credo che ciascuno debba avere il diritto di viverla liberamente avendo a disposizione tutti gli strumenti per poterlo fare anche in maniera più sicura.

Attualmente qual è la situazione globale in merito alla diffusione del virus dell’HIV?

Alcuni importanti passi avanti sono stati fatti. L'UNAIDS nel suo ultimo rapporto (http://www.unaids.org/en/resources/campaigns/HowAIDSchangedeverything) evidenzia come lo sforzo internazionale ha permesso di portare il trattamento antiretrovirale a molte più persone rispetto a dieci anni fa. Secondo le cifre riferite dall'Agenzia, le nuove infezioni da Hiv sono crollate del 35%, le morti per Aids del 41%. Questo è il “bicchiere mezzo pieno”. Se guardiamo ai numeri assoluti dell'organizzazione mondiale della sanità (http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs360/en/), però, la situazione è ancora drammatica: nel 2014, 1,2 milioni di persone sono morte per complicazioni correlate all'Aids e due milioni di persone hanno contratto l'infezione. In quello stesso anno si è avuto la massima espansione del trattamento, con 1,9 milioni di nuove persone che ricevono la terapia antiretrovirale. Come si vede, le nuove infezioni si diffondono ancora a un ritmo superiore rispetto al numero di persone alle quali si riesce a offrire la terapia. Questo evidenzia che occorre fare di più soprattutto nell'ambito della prevenzione e in particolare in quello della trasmissione sessuale. Sono ormai abbastanza contenuti i casi di trasmissione da madre a figlio, quelli per scambio di siringhe si sono ridotti sensibilmente (anche se ad esempio in Europa orientale è ancora una emergenza), ma nell'ambito della trasmissione sessuale gli sforzi di prevenzione non hanno ancora avuto i successi sperati. Ecco perché servono nuove strategie, come evidenziano anche le recenti linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (http://www.who.int/hiv/pub/guidelines/earlyrelease-arv/en/).