La naturale voglia di amare se stessi. La storia di Simone

Simone, nato biologicamente femmina, dall’età di 6 anni ha capito che non sarebbe diventato donna, e a 12 anni ha iniziato a rifiutare vestiti femminili. Ha iniziato un lungo e duro percorso alla riscoperta di se stesso e della propria natura, sfidando le convenzioni sociali che, legandosi pretestuosamente ad essa, giustificano il rifiuto di ciò che considerano diverso bollandolo come “innaturale”. Simone è un uomo, ha sciolto le briglie che lo legavano alla realtà biologica, riuscendo a trovare un posto nella società ed a sentirsi integrato. Uno stato di calma apparente. Ci sono prigioni dure come quelle corporee che nascono da disagi e malesseri profondi, incurabili tramite interventi meramente chirurgici. L’imperativo è quello di superare tutte le barriere per trovare piena felicità e pace interiore. Così Simone ha intrapreso un altro viaggio, quello più duro ed irto di difficoltà, che gli ha permesso di riscoprirsi e d’innamorarsi di se stesso. Simone ha voluto raccontare il suo cammino e la sua storia di vita nel film documentario My Nature, scritto insieme a Massimiliano Ferraina, diretto da Gianluca Loffredo e Massimiliano Ferraina e prodotto da Colibrì Film. Il film è prodotto dal basso e le riprese sono state autofinanziate dai sostenitori del progetto. È aperta un’iniziativa di crowdfunding per permettere la realizzazione delle fasi di postproduzione, montaggio, e distribuzione. Andate sul sito www.produzionidalbasso.com e cercate il progetto My Nature. Troverete tutte le informazioni.

L’Osservatorio LGBT ha intervistato Simone ed ha raccolto la sua testimonianza.

 

Ci racconta i momenti più importanti di questo suo cammino alla riscoperta di se stesso e della sua felicità?

Il primo momento importante è stato quando ho avuto il coraggio di dire al mondo che volevo ricongiungermi con me stesso, con l’uomo che ho sempre sentito di essere sin da piccolo anche se sono nato donna. Da quella decisione è iniziato il primo viaggio, fatto di coraggio, determinazione e tanta tanta pazienza. Dopo gli interventi chirurgici è arrivato un secondo “viaggio” da fare, questa volta non più fuori ma dentro. Ho iniziato, finalmente, ad amare me stesso. Avevo ormai la base importante, quella di potermi guardare allo specchio e riconoscermi ,ma non era sufficiente. Avevo bisogno di uscire dalla gabbia psicologica dei condizionamenti della società che vuole farci somigliare un po’ tutti. Allora, nel percorso di amore verso me stesso, ho iniziato ad apprezzare la mia unicità e non rincorrere più il desiderio di somigliare agli uomini che vedevo sulle riviste sportive. Il terzo “viaggio” e terza tappa importante della mia vita è stata quella di lasciare un lavoro a tempo indeterminato che mi rendeva infelice e seguire la mia natura che si ribellava ai limiti che la società mi metteva davanti. Beh, seguire la propria natura è un viaggio continuo e ad ogni piccolo passo che compi riesci a cogliere sempre di più il sorriso della tua Anima.

Il titolo del documentario si presta a diverse letture e quindi le chiedo cosa è per lei la natura e perché sempre più persone fondano discriminazioni basandosi su essa?

La Natura dell’Uomo è il suo sentire, le sue emozioni. Talvolta la vita ci fa ritrovare in situazioni particolarmente difficili, situazioni in cui le nostre emozioni sono messe a dura prova. Ma la vera sfida dell’esistenza è trovare noi stessi anche nelle condizioni avverse rivendicando appunto la natura profonda delle emozioni. Le discriminazioni che si fondano sul dato naturale si fermano al discorso biologico, ma l’uomo è una macchina complessa in cui a regnare non è la biologia ma le emozioni. L’omologazione a cui tende la società porta molte persone a discriminare quello che non riconosce uguale a lui. Ma tutto nella Natura è unico, anche se appartiene alla stessa specie. La Natura cambia forma continuamente, è sempre in trasformazione. Inoltre i dati su cui si basa la società moderna sono molto diversi da quelle delle culture native indiane, la divergenza sessuale o di genere non turbava gli indiani, anzi ,loro la consideravano un arricchimento per la comunità ….e loro erano molto più connessi alla Natura rispetto all’uomo moderno.

Quali sono state le motivazioni alla base della produzione di questo documentario?

La motivazione sta nel valore ‘universale’ che questa storia personale presenta. Perché non è solo una storia di un cambio di sesso che può interessare/incuriosire anche un pubblico ampio ma che alla fine è limitata o e già sentita. Questa storia trascende il discorso fisico. Alla base c’è necessità di rivendicare sé stessi non solo fisicamente ma come essere umano al di là delle costruzioni sociali in cui spesso ci sentiamo ingabbiati.

Questa storia ci permette di parlare di transessualità ma ampliando il discorso a qualcosa in cui tutti possono riconoscersi.

Pensa che la visione di My Nature possa essere utile nella battaglia alle discriminazioni verso le persone transgender?

Ci credo fermamente. Perché mostra che la ricerca di sé delle persone transgender è anche e soprattutto intima e spirituale. Abbatte l’immagine/cliché del transgender interessato solo a cambiare il proprio aspetto fisico e l’assurda convinzione secondo cui i transgender vivano una vita di perdizione.

Pensa che la sua storia possa essere un esempio guida per quanti vogliano intraprendere un percorso di transizione o, più semplicemente, vogliano liberarsi di costrizioni infelici? Quale consiglio si sente di dare a tutte queste persone?

Il mio consiglio è di fare un gioco un po’ bizzarro. Farsi spesso questa domanda: “ ma se fossero gli ultimi giorni della mia vita vorrei passarli così?”Dobbiamo imparare ad essere più coraggiosi, avere fede significa avere fiducia nella vita e questa ripaga sempre, ma l’azione possiamo farla solo noi. ll mio sogno è che questo film riesca ad essere distribuito e che possa dare un po’ di fiducia e speranza…come una carezza.

 

Natura e corpo. Due entità che plasmiamo a nostro piacimento come tanti provetti artigiani e che utilizziamo spesso per legittimare convinzioni fittizie, per poterci barricare dietro un’apparente verità precostruita e ritenuta naturale. Un concetto che scaturisce da processi mentali stereotipati più che da un fatto prettamente naturale. Secondo il costruzionismo le nostre idee sul mondo non si fondano su dati naturali insindacabili, bensì su costruzioni sociali, relazioni e, soprattutto, sul linguaggio : il medium principale nel quale siamo immersi. Le divisioni dicotomiche alle quali spesso facciamo riferimento, e tra tutte quella maschi/femmine, dovrebbero essere riconsiderate sotto questo punto di vista.