"Figli di uno Stato minore". Speciale adozioni

In questo momento di gran fermento istituzionale e pubblico intorno al tema stepchild adoption, ciò che balza all’occhio è un totale abbandono dell’intero istituto delle adozioni nel nostro Paese. La possibilità di divenir padri e madri accogliendo nella propria vita un figlio che, nonostante la sua tenera età, è già portatore di una storia, di una parentesi di vita spesso dolorosa ma grazie all’adozione ha l’occasione di ricominciare da capo e raccontarla in meglio; questo e null’altro è l’adozione.

Data l’importanza di questa tematica, è bene far luce sui fattori che possono aver inciso sul fenomeno adozioni, sottolineando le giuste differenze tra l’istituto dell’adozione giuridicamente normato e la stepchild adoption. La disinformazione e la strumentalizzazione politica, negli ultimi giorni, stanno fuorviando il dibattito pubblico. Infatti c’è stata, e continua a persistere, una tendenza generalizzata nel credere che l’approvazione del testo Cirinnà avrebbe condotto irreversibilmente al matrimonio e all’adozione gay. Ovviamente nulla di più falso. Nel tentativo di fare un po’ di chiarezza sul tanto dibattuto articolo 5 che norma la stepchild adoption, vediamo nello specifico le caratteristiche salienti di questo istituto. La stepchild adoption, pratica che esiste in Italia da 33 anni, letteralmente “adozione del figliastro”, è un istituto in base al quale una delle due persone può adottare il figlio naturale dell’altra, proprio come avviene nel caso dei coniugi; ciò può accadere solo previo consenso del minore se maggiore di 14 anni o raccogliendo il suo parere nel caso in cui il bambino avesse tra i 12 ed i 14 anni.

Si fa ricorso, inoltre, all’articolo 44 della legge 184 del 1983, che al comma 1 lettera b consente al coniuge di adottare il figlio, biologico o adottivo, dell’altro coniuge. Quindi il fine ultimo non è dare alle coppie omosessuali la possibilità di poter adottare un bambino “ex novo” e generare un nucleo familiare, ma solo di conferire maggior tutela al bambino anche nel caso di decesso del genitore biologico. Questa sostanzialmente è la differenza con l’istituto dell’adozione giuridicamente normato dalla legge n.184 del 1983 che, nel capo IV della dichiarazione di adozione all’articolo 27, dispone: «Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome»[1]. La legge stabilisce che: «L’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o che raggiungano tale periodo sommando alla durata del matrimonio il periodo di convivenza prematrimoniale, e tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendano adottare»[2]. Inoltre nella storia coniugale dei due soggetti non deve esserci stata alcuna separazione, nemmeno di fatto e tra i futuri genitori adottivi e il bambino deve sussistere una differenza di età minima di 18 anni e massima di 45.

In Italia adottare un bambino sta diventando sempre più difficile. Il desiderio di genitorialità deve scontrarsi con trafile burocratiche, costi alti e tribunali che hanno il potere di tradurre in realtà o di infrangere i sogni di molte famiglie. La valutazione dell’idoneità della coppia sembra rappresentare l’ostacolo più grande. Numerosi sono i test affettivo-attitudinali, le verifiche della situazione economica e di salute che i soggetti interessati devono superare. Valutarne l’idoneità può risultare alquanto offensivo, piuttosto bisognerebbe incoraggiarne il desiderio, accompagnando la famiglia in un percorso genitoriale di responsabilità condivisa, pianificando soluzioni partecipate e indirizzate alla cessione del minore. Appesantire la normativa vigente ha prodotto negli ultimi anni un calo nelle adozioni. Molte famiglie sentono il peso incombente del percorso ad ostacoli da superare e sfiduciate si arrendono a metà strada; altre quasi giunte al traguardo, per un cavillo istituzionale sono costrette ad abbandonare il proprio sogno. Ci si chiede come sia possibile che per adottare un bambino si debba avviare un processo che, a discrezione del giudice, culminerà con un esito positivo o negativo. Marco Griffini, presidente dell’associazione “Amici dei Bambini” (Ai.bi), uno dei maggiori tra i 62 enti che accompagnano gli aspiranti genitori nell’iter adottivo, si scaglia contro la Commissione per le adozioni internazionali (Cai) dichiarando che: «Solo in Italia i tribunali dei minorenni hanno totale potere decisionale sull’idoneità delle coppie, e ognuno fa a modo suo. É da due anni la Commissione per le adozioni internazionali (Cai) non organizza un incontro con le delegazioni straniere né pubblica i dati sul numero di bambini adottati dall’estero [...] Oggi c’è grande interesse per la stepchild adoption perché riguarda gli adulti, mentre per le migliaia di bambini abbandonati l’interesse è scarsissimo. I bambini, purtroppo per loro, non votano»[3]. Negli ultimi anni allo scarso interesse della Cai si è unito il senso di sfiducia delle famiglie che ormai stanche di dover attendere lunghe trafile, finiscono per rinunciare in partenza. Tutto ciò ha portato ad un calo di adozioni sia nazionali che internazionali. Per conoscere l’andamento del fenomeno delle adozioni nel mondo si fa riferimento all’ultimo monitoraggio effettuato, relativo all’anno 2013, dalla Commissione per le Adozioni Internazionali con la collaborazione dell’Istituto degli Innocenti di Firenze. «Il report dell'anno 2013 descrive il fenomeno delle adozioni internazionali in Italia mediante l'analisi di dati e informazioni sulle varie tematiche che contribuiscono a definire i percorsi delle coppie italiane che adottano minori di origine straniera. I dati che hanno consentito la stesura del rapporto sono stati tratti dai fascicoli dei minori stranieri autorizzati all’ingresso e alla residenza permanente nel nostro Paese»[4].

Nell’arco temporale che va dal 16 novembre del 2000 al 31 dicembre 2013, analizzando i flussi di bambini stranieri autorizzati all’ingresso in Italia per adozione, i minori adottati sono stati 42.048 e le famiglie adottanti 33.820, con una media di circa 1,24 bambini per coppia. Purtroppo l’andamento complessivo mette in rilievo una tendenza negativa nei numeri relativi alle adozioni internazionali del 2013. Infatti dopo il picco raggiunto nel 2010, un anno in cui 4.130 bambini hanno trovato una collocazione definitiva, dal 2011 l’andamento generale è rappresentato graficamente da una curva decrescente che mostra un netto calo nelle adozioni. Nel 2013 sono stati autorizzati all’ingresso in Italia 2.825 minori, ma solo 2.291 coppie hanno portato a termine l’adozione. Nel confronto con l’anno precedente il distacco è notevole, infatti nel 2012, c’è stato un calo nell’ingresso dei minori stimato intorno al 9% e in proporzione meno famiglie, il 7,2%, hanno portato a compimento il percorso avviato. In attesa di conoscere gli esiti dei monitoraggi effettuati dal 2013 al 2015, si fa riferimento al trend numerico dei dati relativi agli enti autorizzati (scelti tra i 62 esistenti) che, secondo il report statistico della Commissione adozioni internazionali, avevano concluso più adozioni nel 2013. Sul totale di 2.825 adozioni realizzate dalle famiglie nell’anno 2013, i 9 enti presi in esame ne hanno portate a termine 1.317, un risultato che fa di loro un campione sufficientemente rappresentativo. Attenendoci con quanto emerso dalle analisi effettuate, il biennio 2014-2015 ha visto una diminuzione nelle adozioni rispetto al 2013 stimando complessivamente un calo del 20-30%. Nonostante ciò, l’anno appena concluso, totalizza dei segni positivi in buona parte degli enti considerati rispetto al 2014.

Le tendenze negative registrate sono frutto di molteplici variabili che incidono sul fenomeno, tra queste sicuramente la complessità delle procedure, il ruolo valutativo e discrezionale dei tribunali, la disponibilità di risorse economiche e l’inefficienza di organi atti alla supervisione e controllo per garantire il pieno espletamento della pratica adottiva, possono aver influito negativamente sul trend complessivo registrato. Nonostante ciò, l’Italia continua a rimanere il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di adozioni. Ma se c’è stato un calo nelle adozioni in Italia per coppie coniugate, peggio ancora accade per chi è una coppia da tempo ma per lo Stato italiano non è riconosciuta come tale. Il requisito base per cui una coppia può presentare disponibilità nell’adottare è l’essere coniugati, sancito ai sensi della legge n.184. Quindi, in Italia, non c’è possibilità di adozione per una coppia non sposata e, poiché non è consentito il matrimonio tra persone dello stesso sesso, vien da sé che le coppie omosessuali non possono adottare. Ad oggi sono 21 i Paesi che danno la possibilità alle persone same-sex di realizzare il proprio disegno genitoriale e sono: Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Islanda, Malta, Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda[5].

Purtroppo l’Italia non è ancora pronta per il decisivo salto di qualità in materia di uguaglianza e non discriminazione. Infatti, nei giorni che hanno preceduto il verdetto sul ddl Cirinnà, sul web e sui social media si è protratta la disinformazione massificata, aggravata purtroppo dalle dichiarazioni di politici che, nascondendosi dietro argomentazioni dal discutibile contenuto, hanno sfruttato la facoltà di poter formulare emendamenti con l’unico scopo di rallentare o bloccare il percorso di approvazione del ddl Cirinnà. Con la recente approvazione del maxiemendamento, interamente sostitutivo del testo del ddl sulle Unioni civili, scompare la stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà. «Forse gli italiani non hanno capito che senza una protezione normativa se uno dei due genitori muore il bambino figlio del genitore biologico può essere considerato orfano, salvo intervento dei giudici»[6].

Il desiderio di genitorialità rischia di rimanere un sogno incompiuto, un tassello mancante nella vita di molti individui che sentono la necessità di donare il proprio amore senza riserve, o forse un traguardo riservato a quei pochi che hanno avuto la tenacia e la possibilità di sfidare il sistema. Nella speranza che qualcosa possa cambiare e smuovere le coscienze di chi è ai vertici ed ha la responsabilità del futuro di questo Paese, intanto ci affidiamo alle parole della senatrice Monica Cirinnà che, in un intervento ad Agorà su Rai Tre, annuncia la vigilia di un nuovo disegno di legge: «un ddl sulle adozioni per le coppie omosessuali è quasi pronto. Verrà incardinato alla Camera, dove i numeri sono sicuri, in modo che arriverà al Senato blindato»[7]. Sarà questa la volta giusta? Staremo a vedere.

 

Per ulteriori informazioni e sviluppi sui monitoraggi in materia adozioni è possibile consultare le fonti che si riportano di seguito:

 

[1] http://www.camera.it/_bicamerali/leg14/infanzia/leggi/legge184%20del%201983.htm.

[2] http://www.commissioneadozioni.it/it/per-una-famiglia-adottiva/per-adottare.aspx#Requisiti.

[3] http://www.linkiesta.it/it/article/2016/01/11/il-disastro-delle-adozioni-in-italia/28840/.

[4] http://www.commissioneadozioni.it/media/143019/report_statistico_2013.pdf.

[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Adozione_da_parte_di_coppie_dello_stesso_sesso.

[6] http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/27/stepchild-adoption-tutto-quello-gli-italiani-non-hanno-capito/2501340/.

[7] http://www.repubblica.it/politica/2016/02/26/news/unioni_civii_cirinna_-134271079/?refresh_ce.