SPECIALE INTERSEZIONALITÁ - Note per una lettura in chiave multiculturale delle questioni omosessuali

Da poco in edizione economica il bel volume dello storico Edward James sui “barbari” in Europa, come furono chiamati i popoli di etnìa differente, per i greci incapaci di parlare la propria lingua, e così poi definiti dai romani come esterni alla (propria) civiltà. Il termine ha assunto nel tempo carattere spregiativo tanto che le “Völkerwanderungen”, le migrazioni di massa della prima era cristiana, sono riportate ancora oggi sui testi scolastici come «invasioni barbariche». Se James sottolinea l’importanza di queste genti nella costruzione di un’Europa da sempre multietnica, oggi multiculturale, con lui introduciamo questo articolo che tratta di nuovi “popoli” che emergono all’interno delle civiltà moderne rafforzando determinati valori, concetti, relazioni – i costituenti della cultura per Goodenough (1981) - di libertà, eguaglianza, solidarietà, la cui maturazione in seno alla società che li ha incubati ha reso possibile la loro stessa nascita.

Le società multiculturali vengono immmaginate nella prima metà del secolo scorso, in paesi dove forti erano gli scontri razziali e etnici, perché mèta di flussi migratori o per le politiche colonialiste. “Multiculturalità” è un termine che inizia a circolare negli anni ’60 ed è presente nel periodo della contestazione giovanile, nel dibattito politico ed intellettuale americano come rivendicazione di pari dignità e peso sociale per le diverse identità socio-culturali. Entra più tardi in quello Italiano dove la contestazione concentra i suoi attacchi contro le principali istituzioni della società (famiglia, scuola, chiesa, impresa) (Cesareo, 1990). Negli Stati Uniti le questioni di genere, non solo femministe, sono innestate dentro i movimenti di contestazione, rafforzando politicamente tra gli altri il movimento di liberazione omosessuale, che si radicherà e riporterà le prime conquiste. Simbolica la fondazione nel 1981 del “ONE Institute”, primo istituto di alta formazione accademica sulle questioni omosessuali.

Nella Giornata Mondiale contro l’Omofobia, che celebra l’anniversario della decisione (il 17 maggio 1990) di rimuovere l'omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall'Organizzazione mondiale della sanità, giova ricordare che l’American Psychiatric Association dopo un decennio di accesi scontri interni decise nel 1973, prima istituzione al mondo, che l’omosessualità sarebbe stata eliminata dall’elenco delle malattie mentali tramite una votazione a cui parteciparono diecimila dei diciottomila iscritti. Grande importanza ebbe il movimento di liberazione omosessuale nel dare visibilità a vite omosessuali vissute positivamente al pari degli altri orientamenti sessuali.

Di multiculturalità in Italia si parla in occasione di decisioni che toccano temi etici, sulle libertà religiose, sul corpo, sulla famiglia, quando scoppiano focolai di discussione che mai arrivano alla ridefinizione e all’adeguamento del nostro quadro normativo agli standard (almeno) europei. Il paradosso di un paese che esporta creatività ed innovazione in molti settori economici ma presenta evidenti limiti ai cambiamenti culturali. Nonostante l’attualità degli argomenti e l’urgenza del dibattito, i temi della multiculturalità restano marginali nei programmi accademici di insegnamento e di ricerca e non è un caso, ad esempio, che le figure preposte all’accoglienza dei migranti, non più barbari ma persone connotate per provenienza, benché specializzate, siano sottopagate e professionalmente male inquadrate. Pochi ricorderanno la polemiche contro Oriana Fallaci di Adel Smith, presidente dell’Unione Musulmani d’Italia, che si battè per la creazione di un clima più accogliente nella scuola pubblica o in altre istituzioni statali dove ancora oggi in ogni aula è presente il simbolo di un'unica fede religiosa. Si inizia a perdere la memoria del “caso Englaro”, e dei discorsi e degli scontri scomposti intorno alla laicità delle istituzioni. E’ attuale quello sulla “Stepchild adoption” e lo strascico che da decenni, dalla legge sull’aborto, caratterizza l’aggiornamento della giurisprudenza matrimoniale; nei giorni scorsi il primo ministro ha affermato «sono cattolico ma ho giurato sulla Costituzione non sul Vangelo» ai prevedibili attacchi ricevuti dopo l’approvazione della legge Cirinnà. Legge votata grazie all’apposizione della questione di fiducia, non certo un segnale che in parlamento si respiri serenità e dialogo ma una misura utilizzata forse per evitare che si continuassero a «violare principi generali di eguaglianza, di riconoscimento dell'altro […] per continuare a discriminare gli omosessuali» (Rodotà 1996).

Negli anni ’90 appaiono i primi segnali di realizzazione della società multiculturale, modello di società, incentrato sul problema del riconoscimento e della valorizzazione della differenza. George Bush Senior nel 1990 firma lo Hate Crime Statistics Act, contro i crimini «ispirati da pregiudizi sulla razza, la religione, l’orientamento sessuale o l’etnia». La legge contro i crimini di odio riconosce indirettamente diritti a gruppi specifici, agli individui in quanto parte di comunità ed etnie (e per questo soggetti a violenza e discriminazione). Ancora una volta l’Italia da un segnale negativo stralciando l’orientamento sessuale dalla legge omologa a quella statunitense la legge Mancino, n. 205 del 1993.

A dispetto dei principi fondamentali della nostra Costituzione il nostro paese può dirsi realmente capace di includere le differenze, di proporre soluzioni ai bisogni di chi è agente di una cultura diversa dalla propria o di chi ha un progetto di vita che non combacia con gli schemi definiti dal nostro ordinamento o dalle nostre consuetudini culturali? Se ci riferissimo ai bisogni della sola comunità LGBT e giudicassimo la capacità di risposta del nostro paese all’inclusione delle differenze di genere, la risposta sarebbe ovviamente negativa.

 

 

Cesareo, V. Elementi per uno scenario del mutamento culturale in Italia, in La cultura dell’Italia contemporanea, a cura di V. Cesareo, Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 1990, pp. 3-9.

Goodenough, W. Culture, language, and society, Menlo Park, Calif.: Benjamin-Cummings, 1981.

James, E. I barbari, Il Mulino, Bologna, 2016.

Rodotà, S. Premessa, in E. Menzione, Manuale dei diritti degli omosessuali, La libreria di Babilonia, Milano, 1996, p. 6.