Il voto arcobaleno: questione di “outing”

Sono passati oltre trent’anni da quando si è cominciato a parlare timidamente di “pink vote” o “rainbow vote” (voto a connotazione LGBT) anche in Italia, seguendo l’esempio di altri paesi. Azione politica che si riferisce alla pratica di votare candidat* della comunità LGBT (o gay-sensitive) nelle tornate elettorali o, in misura complementare, l’azione dei candidat* omosessuali di attrarre il voto della comunità LGBT attraverso un’agenda politica dedicata ai diritti civili degli omosessuali. Un segmento, oggi come allora, potenzialmente non irrilevante per l’esercizio della democrazia. Nelle elezioni presidenziali americane del 2012 (e in quelle della tornata precedente) le questioni LGBT hanno avuto un ruolo fondamentale nella rielezione di Barack Obama mettendo a rischio il suo consenso tra gli elettori afroamericani.

Benché, ad ogni tornata elettorale, la rosa dei candidat* omosessuali in Italia si faccia sempre più larga, le analisi su questo fenomeno sono a tutt’oggi assenti. Anche quando, a pochi giorni dalle elezioni amministrative, le/i numerosi candidate e candidati LGBT delle tre grandi città italiane di sempre (Roma, Napoli, Milano) si sfidano alacremente nell’arena politica italiana per agganciare e andare oltre l’elettorato omosessuale. Nessun riferimento alla loro agenda politica, al dibattito sui cardini del confronto tra maggioranza eterosessuale e minoranza omosessuale, ai temi della sfida arcobaleno.

Probabilmente solo a Napoli e parzialmente a Milano la visibilità dei candidati rainbow è stata dovutamente enfatizzata dall’amministrazione locale e dai suoi cittadini in termini di frequenza dei dibattiti, comunicazione mediatica e comizi elettorali. Sarebbe interessante, solo per fare un esempio, puntare sugli elettori LGBT durante gli exit polls. Si rileverebbero delle differenze significative rispetto all’elettorato standard. Ma non solo. Da un lato, elettori (e candidati) LGBT sono in linea teorica più liberali sui temi della democrazia reale (sessualità, welfare state, matrimonio, adozione, occupazione, salute…). D'altra parte, però, si scoprirebbe anche un segmento dell’elettorato omosessuale più vicino alla dimensione catto-conservatrice o addirittura leghista del nostro Paese. In realtà, la comunità LGBT italiana rappresenta un bacino elettorale tra i più eterogenei, che comprende uno spettro ideologico molto ampio.

L’analisi dell’arena arcobaleno è, in fondo, un esame della politica che un’amministrazione locale adotta rispetto alla disuguaglianza tra i propri cittadini e presuppone che la stessa amministrazione si interroghi su che cosa significhi oggi “diritto di cittadinanza” e quindi anche quale modello di cittadinanza seguire, soprattutto dopo l’approvazione in parlamento della legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso. Presuppone il convincimento che l’attuale disuguaglianza fondata su generi e orientamenti sessuali non sussuma anche la campagna elettorale che ha perduto un’altra occasione per sviluppare analisi e riflessioni su temi e proposte di democrazia reale. Candidati ed elettori omosessuali sono donne e uomini dotati di forte capitale culturale e sociali; gli attuali candidati, perlopiù provenienti dal mondo dell’associazionismo e del movimentismo LGBT, sono chiamat* a diventare una nuova avanguardia nelle città arcobaleno. A condizione, però, che le analisi sulle loro agende politiche resistano a resistenze ideologiche e indifferenze partitiche e trovino condizioni di maggiore visibilità politica e sociale.