Trans* e Islam, luci ed ombre

«In Iran non abbiamo omosessuali come nel vostro paese. Questo non esiste nel nostro paese.» È quanto detto dal presidente Mahmoud Ahmadinejad durante un discorso tenuto il 24 settembre 2007 a New York presso la Columbia University. Quanto affermato dal presidente è totalmente in linea con l’intolleranza del governo iraniano verso le minoranze sessuali[1]. Nello stesso rapporto di Human Watch si legge di casi di gay e lesbiche maltrattate o torturate dalle forze di polizia in spazi pubblici o in luoghi di detenzione. Diversi intervistati hanno accusato i membri delle forze di sicurezza di aggressioni e violenze. In Iran coloro che si macchiano del peccato di liwat, sodomia, vengono condannati alla pena capitale[2]. Se questo è quanto affermato dal presidente Ahmadinejad e quanto stabilito dal codice penale iraniano, come si spiega che l’Iran sia il secondo paese, dopo la Thailandia, per il numero di interventi chirurgici di riassegnazione sessuale? Quella iraniana è una società in cui gli individui devono vivere secondo le norme convenzionali associate al loro sesso biologico: se sei maschio devi comportarti, vestirti, muoverti come un maschio e provare attrazione fisica e sentimenti verso una femmina. La legge iraniana riflette questi valori e punisce coloro che hanno una condotta non conforme al loro sesso biologico.

Prima della Rivoluzione Islamica nel 1979, il governo iraniano non ha mai ufficialmente affrontato la questione delle persone transgender, successivamente però il governo della nuova repubblica islamica ha classificato transessuali e travestiti come gay e lesbiche, criminalizzando tale comportamento e condannandolo a punizioni corporali (cioè flagellazione) e, eventualmente, alla pena di morte. La situazione però cambia nel 1987 quando l’Ayatollah Khomeini rilasciò una fatwa, ossia un editto religioso, in cui concesse a Maryam Khatoon Molkara di vivere come una donna e sottoporsi ad un intervento di riassegnazione sessuale da Maschio a Femmina (Male to Female)[3]. Se una persona è anatomicamente un maschio ma dentro di sé si percepisce una femmina ha il diritto di cambiare sesso, stesso discorso vale anche per donne, ermafroditi ed intersessuali. A queste persone viene chiesto a quale genere si sentono più vicini e in base a questo si procede con l’intervento che renderà la persona un uomo o una donna[4]. In seguito all’operazione in tutti i documenti legali, dall’atto di nascita al passaporto, il sesso della persona viene modificato a seconda che si sia sottoposta ad un’operazione M to F o F to M. Una volta completata la transizione però molti iraniani vengono inviatati a mantenere discrezione sul loro passato a causa del forte stigma negativo che la società tradizionale iraniana associa alle persone transgender.

 

Human Watch e altri gruppi per la difesa dei diritti umani hanno espresso la seria preoccupazione che lo stato iraniano incoraggi a sottoporsi ad un intervento di riassegnazione sessuale anche gay e lesbiche che in quanto tali non desiderano intraprendere tale percorso. Il dramma è molto più serio di quanto si possa immaginare: se sei anatomicamente un maschio/femmina ma dentro di te ti senti una femmina/maschio lo stato ti aiuta purché tu abbia un genere normato che non turbi l’“ordine sociale”. Ma se sei  anatomicamente un maschio/femmina e provi attrazione per una persona del tuo stesso sesso, per scampare alla flagellazione e alla pena di morte devi sottoporti ad un intervento di riassegnazione sessuale. Intervento che per molti è l’unico modo, l’unica ancora di salvezza a cui aggrapparsi per poter vivere la proprio sessualità. A questo proposito due ONG che si battono per i diritti civili in Iran, JusticeForIran e 6rang, denunciano sistematiche violazioni dei diritti umani nei confronti della comunità LGBT iraniana e sostengono che le procedure per il riconoscimento dell’identità sessuale non rispettano gli standard internazionali in quanto non hanno riguardo verso i diritti delle persone e le obbligano a conformarsi secondo gli stereotipi di genere[5].

Nel corso della storia la condizione dei transgender nel mondo islamico è cambiata, prima dell’avvento del colonialismo nel diciottesimo secolo, presso la tribù Mughal i transessuali godevano di un’alta stima e occupavano posizioni di rilievo nella gerarchia sociale. Svolgevano importanti compiti di mediazione tra uomini e donne durante i periodi di preghiera, ricoprivano alte cariche come funzionari anche presso le corti dei re, che volentieri li designavano come loro successori. Tutto cambia quando gli inglesi, al loro arrivo nella Mugul musulmana in India, promulgano il Criminal Tribes Act del 1871 in cui stabiliscono che i transgender costituivano un tribù criminale con difetti genetici. Per sopravvivere molti transessuali si sono dovuti reinventare, alcuni si sono dedicati alla satira animando feste e ricevimenti ma altri hanno intrapreso percorsi che li hanno portati alla prostituzione e all’accattonaggio. Quando gli inglesi lasciarono India e Pakistan, il Criminal Tribes Act venne abrogato ma il danno provocato alle persone transgender era ormai irreparabile. In India e Pakistan le persone che manifestano atteggiamenti e movenze femminili vengono apostrofati con la parola khusra, termine associato a impotenza e incompetenza. Un passo avanti però è stato fatto nel 2009 in Pakistan, la Corte Suprema ha pronunciato un’importantissima sentenza in cui i transgender vengono riconosciuti come appartenenti ad un terzo sesso, in base a ciò e alla legge pakistana che stabilisce che nessuna discriminazione può basarsi sul sesso, è stata restituita dignità ai transessuali. Ma tale sentenza ha in sé anche un aspetto preoccupante: alle persone transgender viene sì restituita dignità ma vengono considerati come persone disabili e il transgenderismo è ritenuto un disturbo di genere.[6]

Recentemente la stampa nazionale ed estera ha riportato la notizia del ritrovamento del corpo mutilato e bruciato di Hande Kader, giovane trans e attivista turca; le foto della ragazza che viene portata via a forza in lacrime dalla polizia ha fatto il giro del mondo. La giovane si era fortemente opposta all’annullamento del Gay Pride che si tenne ad Istanbul nel 2015 e la sua morte ha dato via ad una serie di manifestazioni in cui la comunità LGBT denuncia i continui maltrattamenti subiti.  Ma qual è la posizione della Turchia rispetto alla causa LGBT? Parliamo di un paese laico dove formalmente l’omosessualità non è illegale, ma gli attivisti LGBT sostengono che nel paese ci sono ancora moltissime discriminazioni, aggravate dalla crescente “islamizzazione” delle leggi e della cultura portata avanti dal governo del presidente Erdogan[7]. Inoltre secondo l’ONG Transgender Europe, la Turchia è il paese europeo dove avviene il maggior numero di omicidi di persone transessuali e dove tra il 2008 e il 2016 sarebbero state uccise almeno 40 persone transgender[8]. Il problema maggiore in Turchia è l’inazione delle forze di polizia che sembrano interessarsi poco delle violenze perpetrate contro i transgender e anzi, a volte si rendono direttamente partecipi di tali abusi[9]

Come per l’omosessualità anche per la transessualità il rapporto con la religione islamica si connota per la presenza di luci ed ombre, anzi per quanto si è cercato di illustrare in quest’ articolo, le ombre sembrano sovrastare le luci. Ad un occhio poco attento potrebbe sembrare che in Iran lo stato si faccia promotore del più alto principio di autodeterminazione per le persone transgender, ma se alziamo il velo, se andiamo a leggere le storie contenute nel rapporto di Human Watch[10], ci rendiamo conto che la realtà delle cose è ben diversa. Pur di preservare l’ordine sociale, lo stato ti offre possibilità e strumenti per conformarti ai ruoli di genere imposti, ma se non sei disposto quello che ti attende sono morte o flagellazione.

 

[1] Human Rights Watch, “We are a Buried Generation. Discrimination and Violence Against Sexual Minorities in Iran”. 15 December 2010, Pag.3

[2] «Sodomy is punishable by death so long as both the active and passive partners are mature, of sound mind, and have acted of free will». —Islamic Penal Code, Article 111.

[3] Human Rights Watch, "We Are a Buried Generation," Discrimination and Violence against Sexual Minorities in Iran , 15 December 2010 pp. 79-80

[4] https://www.youtube.com/watch?v=GACLe7GXuNQ

[5] http://www.tpi.it/mondo/iran/trans-in-iran

[6] http://www.huffingtonpost.com/liaquat-ali-khan/transgender-dignity-in-is_b_10089712.html

[7] http://www.ilpost.it/2016/08/22/omosessuali-turchia/

[8] http://www.ilpost.it/2016/08/22/omosessuali-turchia/

[9] http://www.ilgrandecolibri.com/2013/11/transessuali-transgender-islam.html?m=1

[10] Human Rights Watch, “We are a Buried Generation. Discrimination and Violence Against Sexual Minorities in Iran”. 15 December 2010