L’omogenitorialità: tra pregiudizi ed evidenze empiriche

 

 

 

 

 

 

Il dibattito sull’omogenitorialità possiamo definirlo come uno dei più accesi e caratterizzanti del secolo appena iniziato. Per la sua natura complessa è strettamente connesso, seppur spesso in modo controverso, sul piano concettuale ed argomentativo, con diverse sfere del mondo ideologico-religioso, giuridico, scientifico ed etico-filosofico. Attualmente nonostante le carenze istituzionali e vuoti normativi in merito alle unioni same-sex, le coppie omosessuali si stanno man mano facendo largo sfidando l’intero complesso di rappresentazioni e credenze su cui di fonda il nostro paradigma eterosessista.

Le famiglie omogenitoriali, così come quelle eterosessuali sono immerse in un costrutto sociale pluralista e multiforme che, come tale, deve ripensare il concetto vigente di famiglia per allargarlo alle emergenti forme familiari. In alcuni paesi europei quali il Belgio, la Svezia, l’Inghilterra, la Francia, l’Irlanda ecc, la questione delle famiglie omogenitoriali non è più percepita come una "falla" nel sistema ma è parte integrante di esso.

Questi stati non hanno dimenticato che le famiglie sono costituite anzitutto da persone e in quanto tali hanno il diritto, come altre, di vivere una vita piena e felice nel rispetto e nella libera esplicazione della propria persona. L’Italia da questo punto di vista è indietro infatti «emblematico il requisito dell’impossibilità, per legge, del genitore non biologico di poter riconoscere il proprio figlio [...] La famiglia omogenitoriale si trova così a fronteggiare una presunta carica giusnaturalistica del concetto di famiglia insidiosamente fissata nella formula della naturalità della società familiare eterosessuale»[1]. Con la progressiva visibilità delle famiglie omogenitoriali di pari passo è accresciuto l’interesse verso la natura e i meccanismi che caratterizzano queste forme familiari. A tal proposito le ricerche empiriche sul tema iniziano negli anni Settanta[2] e si orientano sulla capacità educativa della coppia omogenitoriale, indagando sul possibile rapporto tra genitorialità e omosessualità a partire dal pregiudizio che una persona omosessuale non possa essere un buon genitore. Le ricerche degli anni Ottanta, caratterizzati dal lesbian baby boom, prendono in esame lo sviluppo emotivo e sociale dei bambini cresciuti da madri single oppure da una coppia lesbica[3]. In questo caso la matrice generativa delle ricerche è viziata dal preconcetto che senza l’alternarsi dei due sessi in una coppia il “normale” sviluppo del figlio potrebbe risultare compromesso. Più di recente, dagli anni Novanta ad oggi, con la progressiva visibilità delle famiglie omogenitoriali, si è indagato sulla relazione fra l’omosessualità della coppia e l’identità di genere dei figli ponendo l’attenzione all’orientamento sessuale futuro di questi. In quest’ultimo caso si partiva dall’assunto che i bambini nati in un contesto familiare in cui i ruoli genitoriali sono distribuiti tra persone dello stesso sesso, avessero più probabilità di crescere in modo deviante[4]. La maggior parte della poca letteratura e delle ricerche finora a disposizione sul tema, incentra principalmente il focus sui figli nati all’interno delle famiglie omogenitoriali. Nell’ultimo decennio alcuni studi hanno mostrato che i figli delle coppie omosessuali sono sanissimi dal punto di vista psico-fisico e sembrano vivere anche più sereni perché liberi da pregiudizi omofobici e eterosessisti. Nel 2004 MacCallum F. e Golombok S.[5] indagarono sugli adolescenti cresciuti senza la figura paterna, da madri single e da coppie di madri omosessuali, per capire se ciò avesse influito sulla loro crescita. Allo studio parteciparono 38 famiglie con madri single eterosessuali, 38 con coppie etero e 25 con coppie omosessuali; i figli delle coppie avevano tra gli 11 e i 12 anni. I risultati non mostrarono nessuna ripercussione negativa sullo sviluppo sociale ed emotivo degli adolescenti, da ciò si dedusse che l’orientamento sessuale dei genitori non poteva influenzare né sul benessere psicologico e sullo sviluppo socio-emotivo dei ragazzi, né sulle capacità genitoriali dei rispettivi genitori. Su questa scia particolarmente significativo è lo studio condotto da Wainright J. L., Russel S. T. e Patterson C. J. nel 2004[6] che per capire se l’orientamento sessuale dei genitori delle famiglie prese in considerazione potesse avere influenze sullo sviluppo dei figli adolescenti, valutò sia la relazione tra adattamento psicosociale e scolastico, sia i comportamenti e le relazioni romantiche di quest’ultimi. Per questo studio furono somministrate interviste e questionari a 44 adolescenti cresciuti con coppie omosessuali e a 44 adolescenti cresciuti con coppie eterosessuali. L’età media degli adolescenti in questione era 15 anni, mentre l’età media dei rispettivi genitori era 42 anni.

Spesso in questo tipo di ricerche si sono criticate le modalità con cui si è condotta l’indagine, la difficoltà di un campionamento non statisticamente significativo e la mancanza di un gruppo di confronto composto da famiglie eterosessuali. Quest’indagine invece è considerata particolarmente importante per aver effettuato una comparazione tra gli adolescenti cresciuti in coppie omosessuali e quelli cresciuti in coppie eterosessuali, risultando così più attendibile dal punto di vista scientifico. I risultati che emersero sottolinearono che non è l’orientamento sessuale del genitore ad influire sull’adattamento dell’adolescente ma ciò è connesso alla qualità dei rapporti familiari e più nello specifico al rapporto genitore-figlio; inoltre lo sviluppo personale dei figli non è condizionato dall’omosessualità dei genitori e le relazioni sociali evidenziando atteggiamenti positivi verso i coetanei e con adulti di ambo i sessi.

Incentrando l’attenzione sul desiderio di genitorialità, nel 2010, Rossi R., Todaro E., Torre G. e Simonelli C.[7], effettuarono un’indagine esplorativa su un gruppo di 226 omosessuali italiani sia in coppia che single, di cui 143 erano maschi e 83 femmine, di età compresa tra i 17 e i 67 anni. Dalle evidenze empiriche emerse che la maggioranza del gruppo in questione mostrava un forte desiderio genitoriale e di conseguenza un interesse nel voler costruire un futuro familiare. Particolarmente interessante è stato lo studio effettuato nel 2011 da Pacilli M. G., Taurino A., Jost J. e van der Toorn J.[8], che ancora oggi invita a riflettere sulle evidenze empiriche emerse. Lo scopo fu indagare sulle modalità in base alle quali gli omosessuali interiorizzano un senso di inferiorità nei confronti della genitorialità. Furono scelti 23 item sull’omofobia interiorizzata selezionati mediante il supporto di due sottoscale di riferimento: la “Lesbian and Gay Identity Scale” e la “Lesbian Internalized Homonegativity Scale”. I soggetti omosessuali che si prestarono per questa indagine furono 212 di cui 142 uomini e 70 donne. I risultati mostrarono che nella maggioranza dei genitori omosessuali c’è competenza sul tema genitorialità, ad eccezione degli uomini che rispetto alle donne si percepiscono meno competenti. Infatti nella percezione generale la variabile orientamento sessuale non determina né una migliore né una peggiore attitudine e competenza nell’ambito genitoriale, ma la differenza in questo caso è determinata dal genere. Rilevanti sono anche i dati che emergono dalla ricerca “Modi-di” condotta da Arcigay nel 2005 secondo cui in Italia sono 100.000 i bambini che vivono con genitori omosessuali[9]. Dai risultati emerge un dato rilevante, ovvero che «il vuoto legislativo specifico sui nuclei omogenitoriali comporta delle inevitabili ricadute, soprattutto sul piano della mancanza di tutela dei diritti dei minori»[10].

La maggior parte degli interrogativi di ricerca, ad eccezion fatta per alcuni, finiscono sempre per tentar di appurare lo stato mentale dei bambini provenienti da coppie omosessuali ma, considerando i risultati emersi, non c’è ragione di preoccuparsi. Diventa allora necessario che la scienza orienti i suoi interrogativi mostrandosi più interessata alle nuove realtà familiari fornendo dati scientifici che descrivano un quadro completo sulla realtà delle famiglie omogenitoriali frutto di analisi che prendano in considerazione tutte le variabili che possono incidere sul fenomeno. Solo insegnando e imparando a conoscere queste forme familiari sarà possibile cancellarne i pregiudizi, promuovendo soluzioni con il fine di tutelare i loro diritti.

 

 

[1] Corbisiero F., Ruspini E., “Famiglie a metà”, 2015.

[2] Per ulteriori informazioni consultare il sito, http://www.formarsi.istitutodeglinnocenti.it/pdf/Ferrari.pdf.

[3] Per ulteriori informazioni consultare il sito, http://www.isfo.it/files/File/2014/Manenti141.pdf.

[4] Per ulteriori informazioni consultare il sito, http://www.formarsi.istitutodeglinnocenti.it/pdf/Ferrari.pdf.

[5] MacCallum F., Golombok S., Children raised in fatherless families from infancy: a follow-up of children of lesbian and single heterosexual mothers at early adolescence, in «Journal of Child Psychology and Psychiatry», vol. 45, n. 8, 2004.

[6] Wainright J. L., Russel S. T., Patterson C. J., Psychosocial Adjustment, School Out-comes, and Romantic Relationships of Adolescents with Same-sex Parents, in «Child Development», vol. 75, n. 6, 2004, pp. 1886-1898.

[7] Rossi R., Todaro E., Torre G., Simonelli C., Omosessualità e desiderio di genitorialità: indagine esplorativa su un gruppo di omosessuali italiani, in «Rivista di sessuologia clinica», vol. 17, n. 1, 2010.

[8] Pacilli M. G., Taurino A., Jost J. e van der Toorn J, System Justification, Right-Wing Conservatism, and Internalized Homophobia: Gay and Lesbian Attitudes toward Same-Sex Parenting in Italy, in «Sex Roles», vol. 65, n. 7-8, 2011.

[9] Per ulteriori informazioni consultare il sito http//:www.modidi.it.

[10] Per ulteriori informazioni consultare il sito, http//:www.rifp.it/ojs/index.php/rifp/article/download/rifp.2012.0008/110.