Speciale Cirinnà. I diritti di tutti: è ora di essere civili!

L’Italia vive da tempo un impoverimento civile, culturale ed economico. Il deficit di civiltà, ovvero la mancanza di dinamicità, inclusività e apertura all’interno della nostra società, ricorda Florida (2002) [1], è direttamente proporzionale allo sviluppo economico: investire sulla civiltà di un paese  vuol dire investire sulla sua ricchezza. L’Italia risulta essere ancora troppo poco tollerante rispetto alla questione LGBT: alti tassi di omofobia, discriminazioni e mancato riconoscimento del diritto alla famiglia. I diritti di cittadinanza non sono ancora i diritti di tutti.

Attualmente infatti, risulta ancora difficile scardinare la visione di “famiglia tradizionale” tipica dalla società italiana, la quale guarda tutti gli ambiti della vita sociale attraverso un’ottica eteronormativa ed eterosessista. La famiglia “ideale” si basa su un matrimonio monogamico e eterosessuale mentre tutti gli altri tipi – famiglie arcobaleno e coppie di fatto - non possono essere definiti come tale.  In quest’ottica è lo Stato che svolge una prima azione legittimante e il ddl Cirinnà (n. 2081 “Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili”) andrebbe quindi a riconoscere e tutelare tutte quelle famiglie che non hanno avuto la possibilità di sposarsi – come nel caso delle coppie omosessuali -  e quelle che intenzionalmente non l’abbiano ancora fatto (ricordando che quando parliamo di coppie di fatto ci riferiamo a persone che convivono senza essere sposate, indipendentemente dal loro orientamento sessuale).

 Pertanto tale riconoscimento determina importanti conseguenze anche in ambito lavorativo. Allo stato attuale, difatti, i lavoratori omosessuali e le loro famiglie non hanno gli stessi diritti dei lavoratori  e delle famiglie eterosessuali. Manca la possibilità di usufruire di benefits quali: licenza e congedo matrimoniale,  servizi aziendali di caring per i figli, congedi per lutto o per assistere il partner malato, diritto alla pensione di reversibilità, assicurazioni sanitarie per i dipendenti e per le loro famiglie e, infine, estensione di benefit concessi ai collaboratori anche ai partner e conviventi dello stesso sesso. Questo scenario determina alti tassi di discriminazioni indirette, in quanto sono disposizioni che seppur hanno la pretesa di essere definite neutrali, mettono una parte dei lavoratori in condizioni di svantaggio rispetto agli altri. La risposta fino ad ora è arrivata soltanto da poche aziende che hanno implementato  politiche di Diversity Management – politiche di gestione del personale attraverso la valorizzazione della diversità – le quali hanno ad esempio riconosciuto alle coppie omosessuali sposate all’estero periodi di permesso retribuito identici nella durata alla licenza matrimoniale concessa alle coppie eterosessuali o hanno esteso ai partner conviventi tutti i benefici oppure hanno reso accessibile servizi aziendali di caring per i figli delle famiglie arcobaleno. È chiaro però che solo con l’approvazione di questo disegno di legge ci saranno importanti effetti anche a livello lavorativo e nella conseguente  gestione familiare,  perché sarà possibile la fruizione di tutti quei benefici fin ora negati e garantiti in minima parte solo da poche realtà lavorative.

In conclusione, il riconoscimento legale delle unioni civili rappresenta il primo passo per il superamento della disparità nelle condizioni di vita delle persone omosessuali e il punto di partenza per poter  iniziare a parlare di uguaglianza sostanziale e di diritti per tutti.

 

NOTE

1. Florida R., The rise of the creative class and it’s trasforming work, leisure, community and everyday life, Basic Book, New York, 2002.