«Omogenitorialità, dal punto di vista del figlio». Su Psicologia Contemporanea le questioni aperte

In un articolo pubblicato sull'ultimo numero (set-ott 2016) di “Psicologia contemporanea” dal titolo “Omogenitorialità, dal punto di vista del figlio”, viene presentato un quadro sull’omogenitorialità che passa in rassegna i nodi che restano da sciogliere sul tema da parte della comunità scientifica. L’autore, Mauro Fornaro, Ordinario di Psicologia dinamica presso l'Università di Chieti-Pescara, sottolinea che allo stato attuale degli studi non esistono prove concrete che possano testimoniare con certezza che la prole nata e cresciuta all’interno di un nucleo omogenitoriale non presenti differenze dal punto di vista dello sviluppo psico-affettivo rispetto ai figli cresciuti da coppie eterosessuali. La maggior parte degli studi per sondare lo sviluppo cognitivo, affettivo e comportamentale della prole omogenitoriale sono stati effettuati in ambiente anglosassone e dimostrano che non c’è nessun riferimento ad eventuali devianze e differenze durante la crescita dei bambini rispetto ai figli delle coppie eterosessuali.

Sul fronte opposto l'autore segnala che sono poche le ricerche significative a riguardo. Ad esempio la ricerca svolta da Regnerus (2012)1 mette il luce un maggior tasso di disadattamento dei figli omogenitoriali; ricerca che ha manifestato molte incoerenze e polemiche, sin dai sui primi esordi, in seno agli strumenti metodologici adottati. Il punto nodale della questione è che spesso le ricerche sulle famiglie omogenitoriali presentano limiti di varia natura. Anzitutto gli studi in questione (soprattutto nel contesto italiano) devono fare i conti con scarsità di finanziamenti che rendono impossibile effettuare un campionamento adeguato e un monitoraggio longitudinale. Inoltre in molte ricerche empirico-statistiche si rilevano: «a) scarsa numerosità del campione; b) disomogeneità del campione dei genitori omosessuali, includendovi anche quello con prole avuta da precedente relazione eterosessuale, o non differenziando tra coppie gay e coppie lesbiche, tra coppie e single; c) disomogeneità del gruppo di controllo costituito da coppie eterogenitoriali».

Spesso negli studi comparativi si trascura sia di selezionare gruppi che abbiano pari condizioni sociali e culturali, sia di considerare la componente motivazionale che influisce molto sul desiderio di avere un figlio. Per dissipare i dubbi occorrerebbero ricerche accurate che prendano anzitutto in considerazione tutte le tipologie familiari con le loro specificità. Non è possibile comparare studi fatti su bambini cresciuti da un solo genitore, che hanno messo in luce problematiche di vario tipo, con i bambini cresciuti all’interno di una famiglia omogenitoriale e/o eterogenitoriale; poiché in quest’ultimi casi i genitori sono due e non uno. Bisognerebbe ripensare a come invece sarebbe potuto crescere un bambino con un solo genitore in un contesto con due genitori, sia questo eterosessuale oppure omogenitoriale; ma ovviamente è impossibile dare un riscontro in quest’ultimo caso, poiché l’infante avrebbe dovuto avere tutt’altra famiglia. Per quanto riguarda il dibattito sul sano sviluppo psico-affettivo del bambino, Mauro Fornaro, sottolinea che «benché siano in aumento gli studi su adolescenti omogenitoriali, ma non ancora su giovani adulti, le ricerche longitudinali si sono limitate per lo più a infanzia e fanciullezza, quando lo sviluppo psico-affettivo e la coscienza di sé sono ancora incompleti e maggiore è la dipendenza dalla cultura familiare».

Sulla continuità tra relazione biologica e sviluppo psico-affettivo, altro punto nodale nel dibattito sulle famiglie omogenitoriali, esistono alcuni studi sul versante del funzionamento cerebrale del bambino (Bonino, 2015)2, che mettono in luce l’importanza della cura parentale materna che attiva le aree limbiche del cervello collegate alle relazioni emotive e viscerali del bambino. La cura parentale paterna, al contrario, attiva le aree corticali che, a differenza di quelle limbiche, non sono decisive nel porre le basi dello psichismo. Da ciò si è dedotto che l’attaccamento alle madri nella prima infanzia sia fondamentale e necessario per il bambino. Dello stesso parere è il pediatra e psicoanalista Donald Winnicott(3) e molti altri che sostengono come «ampiamente rilevato quanto l’holding e l’handing corpo-corpo tra puerpera e neonato, quindi tra madre e infante, siano indispensabili per un sano sviluppo psichico».

L’interrogativo che ha sollevato molte polemiche sul fronte omogenitoriale è se a parità di altre condizioni un maschio potrebbe assolvere altrettanto bene a funzioni tipicamente materne. In questo caso va da se che vengano messe in dubbio le capacità dei genitori gay di poter svolgere nella prima infanzia funzioni rilevanti per lo sviluppo dell’insieme delle attività psichiche dei bambini. Su questo punto, prudentemente, Fornaro ricorda che «tante cose sono possibili e surrogabili (tipicamente l’allattamento artificiale), ma non tutto ciò che è possibile o non nocivo, è ottimale». Le madri lesbiche per contro sono rimproverate per l’assenza della figura maschile, che aprirebbe il/la bambino/a alla terziarietà. Gli esponenti delle famiglie arcobaleno (Cafasso 2014)4 ribattono sostenendo che questo ruolo può essere svolto da zii, nonni, ecc; ma su quanto queste figure possano essere adeguate ad espletare determinati compiti, c’è ancora poca letteratura che va approfondita. Quindi prima di avanzare ipotesi, o di inoltrarsi nell’impervio e complesso campo degli studi scientifici, bisogna innanzitutto conoscere tutte le tipologie famigliari esistenti. Se si vuole procedere con l’analisi di una singola tipologia monitorando come, ad esempio, all’interno di essa proceda lo sviluppo psico-affettivo di un bambino è necessario restringere il range solo a quella fattispecie familiare. Se l’intento, invece, sarà la comparazione di due o più gruppi, il principio dovrebbe essere lo stesso, isolarne le componenti specifiche e poi confrontarle. Pertanto risulta ormai indispensabile un cambio di direzione per chi desidera arricchire la letteratura in merito alla realtà delle famiglie omogenitoriali. Se l’intento è riportare ed argomentare evidenze in modo scientifico allora bisognerà essere rigorosi nel metodo.

 

Per ulteriori delucidazioni sull’argomento consultare la rivista bimestrale “Psicologia Contemporanea” n. 257 – settembre/ottobre 2016.

 

[1] Per ulteriori informazioni consultare il sito, http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:9-vWKbo8hScJ:www.markregnerus.com/uploads/4/0/6/5/4065759/regnerus_july_2012_ssr.pdf+&cd=2&hl=it&ct=clnk&gl=it&client=firefox-b-ab.

[2] Bonino S. (2015), Amori molesti, Laterza, Bari.

[3]Per ulteriori informazioni consultare il sito, http://psicologia.tesionline.it/psicologia/article.jsp?id=23120.

[4] Cafasso S. (2014), Figli dell’arcobaleno, Donzelli, Roma.